Auto, musei, città sull'acqua e una bellissima avventura
I giochi di questa settimana, provati.
Bentornati! Ho passato 10 giorni a pensare cosa scrivere nell’editoriale, non mi è venuto in mente niente di interessante e alla fine ho deciso di inviare comunque la newsletter con i giochi che ho provato in questo periodo. Si accettano suggerimenti per il prossimo numero. :)
JDM: Rise of the Scorpion - Derapate fumettose
JDM: Rise of the Scorpion è il prologo gratuito di JDM: Japanese Drift Master, un gioco di corse arcade incentrato sul drifting in uscita più avanti quest'anno. Ci troviamo a esplorare la prefettura fittizia di Guntama, un mix tra Gunma e Saitama, chiaramente ispirata all'ambientazione di Initial D.
Il gioco ci mette subito al volante di una non-Nissan 370Z per farci scorrazzare per le strade di montagna in una mappa open world. L'obiettivo è partecipare a gare di drift contro altri piloti, accumulando punti stile per vincere denaro e sbloccare nuove auto e modifiche.
Il modello di guida è decisamente orientato all'arcade, con una fisica che favorisce le derapate spettacolari. Inizialmente può risultare un po' ostico trovare il giusto equilibrio tra velocità, angolo di sterzo e trazione, ma una serie di tutorial ben strutturati ci aiuta a prendere confidenza con le meccaniche di drift. Una volta acquisita la tecnica, infilare lunghe derapate in successione diventa molto soddisfacente.
Tra una gara e l'altra possiamo personalizzare la nostra auto sia esteticamente che a livello di prestazioni. Le opzioni non sono numerosissime, ma sufficienti per dare un tocco personale al proprio bolide. Il parco auto al momento è limitato, con solo alcuni marchi ufficiali come Mazda e Subaru, mentre la maggior parte sono versioni "alternative" di modelli famosi.
La peculiarità di Rise of the Scorpion è il tentativo di inserire una componente narrativa, raccontata attraverso sequenze in stile manga. Purtroppo la storia risulta piuttosto banale e stereotipata, con personaggi poco caratterizzati. Un'idea interessante sulla carta, ma dall'esecuzione rivedibile.
Tecnicamente il gioco se la cava discretamente, con una grafica piacevole seppur non al top. L'ambientazione ricrea in modo credibile l'atmosfera giapponese, anche se a tratti sembra una versione un po' troppo "da cartolina". Il sonoro fa il suo dovere, con effetti convincenti per motori e derapate.
Pregi:
Modello di guida arcade divertente e appagante
Tutorial ben strutturati per imparare le tecniche di drift
Ambientazione che ricrea efficacemente le atmosfere giapponesi
Buona varietà di eventi e sfide
Difetti:
Storia poco coinvolgente e personaggi stereotipati
Parco auto limitato, con pochi marchi ufficiali
Opzioni di personalizzazione non particolarmente profonde
Qualche bug e imperfezione tecnica da sistemare
In conclusione, JDM: Rise of the Scorpion è un antipasto gustoso di quello che potrebbe diventare un interessante gioco di corse arcade. Le basi ci sono tutte: un modello di guida divertente, un'ambientazione affascinante e tante sfide da affrontare. Con qualche rifinitura e l'aggiunta di contenuti, il gioco completo potrebbe ritagliarsi il suo spazio tra gli appassionati di drifting virtuale. E considerando che questo prologo è completamente gratuito, non c'è davvero motivo per non dargli una chance. Allacciate le cinture e preparatevi a bruciare un po' di gomma!
My Museum: Treasure Hunter - Un tesoro sepolto sotto troppi difetti
Non sono un ultra appassionato dei “giochi di lavorare” come
ma alcuni giochi li apprezzo (uno su tutti ETS2, di cui ho parlato qualche numero fa). Quando ho sentito parlare per la prima volta di My Museum: Treasure Hunter, il mio cuore da aspirante Indiana Jones ha fatto un balzo. L'idea di gestire un museo, andare a caccia di reperti e restaurarli sembrava il sogno di ogni appassionato di storia e avventura. Purtroppo, come spesso accade quando si scava nel passato, non tutto ciò che luccica è oro.Il concetto alla base del gioco è affascinante: ereditiamo il museo del nonno e dobbiamo riportarlo al suo antico splendore. Possiamo rinnovare gli spazi, allestire mostre, andare in spedizione per recuperare nuovi manufatti e poi restaurarli con cura. Sulla carta, un mix esplosivo di generi che promette ore di divertimento.
Nella pratica, però, My Museum: Treasure Hunter inciampa più volte sui suoi stessi piedi. I controlli sono goffi e imprecisi, rendendo frustranti anche le azioni più semplici. La telecamera sembra avere vita propria, muovendosi in modo caotico e provocando addirittura un senso di nausea. Le meccaniche point-and-click sono poco intuitive, costringendoci spesso a cliccare a caso nella speranza di trovare il punto giusto.
Le spedizioni, che dovrebbero essere il cuore pulsante dell'avventura, si rivelano deludenti. I puzzle sono banali e mal congegnati, mentre l'esplorazione è resa fastidiosa dai problemi di controllo. Il restauro degli oggetti offre qualche soddisfazione in più, ma anche qui l'imprecisione dei comandi rovina parzialmente l'esperienza.
Non mancano comunque alcuni aspetti positivi. L'atmosfera generale è piacevole e rilassante, ideale per chi cerca un'esperienza zen. Le brevi descrizioni storiche degli artefatti, seppur superficiali, stuzzicano la curiosità. La libertà nel personalizzare il museo offre sprazzi di creatività.
Purtroppo questi pregi non bastano a salvare My Museum: Treasure Hunter dal baratro della mediocrità. Il potenziale c'è, ma viene sepolto sotto una coltre di problemi tecnici e di game design. Con futuri aggiornamenti potrebbe trasformarsi in un piccolo gioiello, ma al momento è più simile a un reperto dimenticato in un angolo polveroso.
In definitiva, My Museum: Treasure Hunter è come uno di quei musei di provincia mal curati: ha qualche pezzo interessante da offrire, ma l'esperienza complessiva lascia l'amaro in bocca. Gli appassionati più pazienti potrebbero trovarci qualche soddisfazione, ma per la maggior parte dei giocatori sarà solo una delusione. Come direbbe il buon Indy: "Apparteneva a un museo... ma forse era meglio lasciarlo dov'era".
Bulwark Evolution: Falconeer Chronicles - Un city builder che naviga acque inesplorate
Bulwark Evolution: Falconeer Chronicles ci riporta nel suggestivo mondo acquatico di Ursee, già esplorato nel precedente The Falconeer, ma questa volta per darci in mano le redini di un'intera civiltà da costruire. Il gioco si presenta come un city builder sui generis, che abbandona molte delle convenzioni del genere per offrire un'esperienza più libera e meditativa.
Fin dai primi momenti, è evidente come Bulwark si discosti dai classici gestionali. Non troverete qui menù traboccanti di edifici da piazzare o complesse catene di produzione da gestire. L'approccio è decisamente più essenziale: potete costruire torri, connetterle con passaggi e vederle espandersi organicamente nel tempo. È un sistema che può risultare disorientante all'inizio, ma che col tempo rivela una sua logica interna affascinante.
L'ambientazione è senza dubbio uno dei punti di forza del gioco. L'arcipelago di Ursee, con le sue acque tempestose e le sue isolette rocciose, crea un palcoscenico unico per le nostre creazioni. Vedere le nostre città crescere aggrappate alle scogliere, sfidando gli elementi, regala grandi soddisfazioni estetiche. Il comparto visivo, pur non essendo tecnicamente all'avanguardia, riesce a creare atmosfere suggestive grazie a un sapiente uso di luci e colori.
Dal punto di vista del gameplay, Bulwark offre un'esperienza rilassata che privilegia l'esplorazione e la sperimentazione rispetto alla competizione serrata. Non ci sono vere e proprie condizioni di vittoria o sconfitta, e il gioco ci lascia liberi di espandere il nostro dominio sui mari di Ursee al nostro ritmo. Questo approccio "zen" ha i suoi pro e i suoi contro: da un lato permette di godersi l'esperienza senza stress, dall'altro può far sentire la mancanza di obiettivi chiari a lungo termine.
Il sistema di gestione delle risorse è volutamente semplificato, basandosi più sulla creazione di rotte commerciali che sulla microgestione di magazzini. È un approccio interessante che ben si sposa con l'ambientazione marittima, ma che a volte può risultare un po' troppo astratto.
Tra le note dolenti, vanno segnalati alcuni problemi di interfaccia e controlli, soprattutto nella versione console. Ho provato la versione La selezione degli edifici e la navigazione tra i menu non sempre risultano intuitive come dovrebbero. Inoltre, il sistema di combattimento appare un po' sottosviluppato rispetto ad altri aspetti del gioco.
Nonostante questi difetti, Bulwark Evolution: Falconeer Chronicles resta un'esperienza unica nel suo genere. La sua capacità di farci sentire come dei veri e propri fondatori di civiltà, plasmando lentamente un mondo ostile, ha un fascino innegabile. Non è un gioco per tutti: chi cerca sfide serrate o simulazioni ultra-dettagliate potrebbe rimanere deluso. Ma per chi è alla ricerca di un'esperienza di costruzione più contemplativa e creativa, Bulwark offre ore di gioco rilassante e appagante.
In definitiva, pur con qualche spigolo da limare, Bulwark Evolution: Falconeer Chronicles si rivela un esperimento coraggioso e in gran parte riuscito, capace di portare una ventata d'aria fresca in un genere spesso troppo ancorato alle proprie convenzioni.
The Holy Gosh Darn: Un'Avventura Divina(mente Assurda)
The Holy Gosh Darn è l'ultimo capitolo della trilogia del martedì di Perfectly Paranormal, e si dimostra il miglior lavoro dello studio finora. Questo puzzle-adventure a tinte comiche ci mette nei panni di Cassiel, un angelo che deve salvare il Paradiso dalla distruzione imminente grazie ai poteri di viaggio nel tempo.
Il gameplay ruota attorno all'uso creativo del viaggio temporale per risolvere enigmi e situazioni assurde. Dovremo saltare avanti e indietro nel tempo, portando con noi oggetti e informazioni per superare ostacoli sempre più bizzarri. Il sistema è intuitivo e ben congegnato, rendendo divertente la risoluzione dei puzzle senza mai frustrare troppo.
La scrittura è il vero punto di forza del gioco. I dialoghi sono esilaranti, ricchi di battute irriverenti e riferimenti pop che non mancano mai il bersaglio. Il doppiaggio è eccellente e dona grande personalità ai personaggi strampalati che incontreremo. L'umorismo non ha paura di essere blasfemo, quindi… cristiano avvisato mezzo salvato.
Visivamente il gioco mantiene lo stile cartoonesco caratteristico della serie, con animazioni fluide e un'estetica accattivante. L'audio è altrettanto curato, con effetti sonori azzeccati e una colonna sonora che si adatta bene alle atmosfere.
Tra i difetti, si nota una certa ripetitività in alcuni puzzle che richiedono numerosi tentativi, e la necessità di prendere appunti per tenere traccia di eventi e oggetti potrebbe infastidire i giocatori meno pazienti. Inoltre, un puzzle basato sui colori potrebbe creare problemi di accessibilità, lo dico perché IO ho una forma di daltonismo e ho dovuto chiedere aiuto a mia moglie ;)
Nel complesso però The Holy Gosh Darn è un'avventura brillante e divertente, che riesce nell'arduo compito di migliorare la formula dei predecessori. Con circa 10 ore di gameplay e buona rigiocabilità, è un acquisto consigliatissimo per chi ama le avventure grafiche con un tocco di follia. Un gioiellino indipendente che sa far ridere e ragionare in egual misura.
Voto: 8 e mezz’
TESTI IN ITALIANO.
Tutti giocati su Steam Deck, confessa.
Stavolta non mi hai fatto venire voglia di nulla 😜.
No scherzo, troppa roba in coda, magari avrei provato Bulwark eccetera